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Massimiliano Gatti

le nuvole | photo open up, padova

8/9/2021

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discovery awards finalist | encontros da imagen, braga, Portugal

28/5/2021

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exibart | It’s a Mad, Mad, Mad, Mad World #23.

20/4/2021

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It’s a Mad, Mad, Mad, Mad World #23.
​Intervista a Massimiliano Gatti

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L'atlante della fotografia degli anni 2020 di #ItsaMadMadMadMadWorld, a cura di exibart e Milano Art Guide, torna con una intervista a Massimiliano Gatti.
Milano Art Guide ed exibart presentano It’s a Mad, Mad, Mad, Mad World, un atlante della fotografia degli anni 2020, da scoprire ogni settimana su Instagram: l’ospite di questa settimana è Massimiliano Gatti. Per dare un’occhiata al takeover nelle stories del nostro account instagram, vi basta cliccare qui.

A cosa stai lavorando?
«In questo momento, sto lavorando su un archivio di stereofotografie conservate al California Museum of Photography di Riverside (CA). Si tratta di immagini di inizio novecento che ritraggono il Medio Oriente. La mia osservazione si focalizza sull’atteggiamento di rappresentazione di quei luoghi, sul processo di creazione di uno stereotipo e su quello sguardo che potrei definire dall’alto. Una prospettiva che Edward Said ha definito nel suo saggio Orientalism come una strategia dell’Occidente per esercitare la propria influenza e il proprio controllo sull’Oriente e che diventa un’impalcatura culturale per giustificare l’egemonia coloniale su quei territori.
Nel frattempo, sto preparando una mostra Not only history, but our memories, curata da Carlo Sala negli spazi della galleria Podbielski Contemporary, a Milano. La mostra, che raccoglie lavori anche di altri artisti tra cui Silvia Bigi, Marina Caneve, Federico Clavarino, Francesca Catastini, Giulia Parlato e Jacopo Valentini, intende indagare il rapporto tra la memoria personale e la storia. In quest’occasione presento il mio lavoro Le nuvole, una serie di dittici in cui si affiancano le immagini che ho scattato a Palmira e degli still frame di video di propaganda dell’ISIS che ritraggono le nuvole di polvere delle esplosioni che hanno devastato l’antica città siriana. In questo progetto la mia esperienza personale e i miei ricordi si mescolano alla storia di distruzione e negazione che è passata da Palmira e dalla Siria.»

Come trovi ispirazione per il tuo lavoro? E cosa ti ispira di più?
«Sono molto interessato alla storia, da un lato e dall’altro a tutti i meccanismi sociali e culturali della nostra epoca. Io ho lavorato per anni in Medio Oriente, dalla Siria all’Iraq e anche da lontano, rifletto, con il mio lavoro, sulla realtà di quella terra che ha millenni di storia alle spalle e un presente difficile di tensioni e guerre. Devo dire che la lettura è la mia principale fonte di ispirazione, recentemente ho letto Undici pianeti di Mahmoud Darwish e la sua visione del passato arabo della Spagna del sud, dove ho studiato, mi ha fatto mettere in discussione la mia percezione di quei luoghi e anche dei miei ricordi personali.»
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Cosa significa fotografare negli Anni Venti del Duemila?
«Fotografare negli Anni Venti del Duemila significa non avere a che fare necessariamente con la macchina fotografica. Io mi sono formato alla scuola Bauer di Milano, dove si è sempre data molta importanza alla tecnica oltre che al pensiero che sta dietro a ogni progetto fotografico. Ma adesso stiamo vivendo un’interessante stagione artistica in cui sta diventando centrale nella pratica, l’appropriazione di immagini che provengono da diversi devices, come se ci fosse un ritorno all’inconscio fotografico di Vaccari. Io stesso sto lavorando su archivio di immagini che non ho scattato, ma interpreto, a distanza di anni, con la mia prospettiva artistica.»
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Il 2020 in una foto?

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artslife | Da Silvia Bigi a Marina Caneve. Il filo della storia è tutto personale, la fotografia contemporanea italiana a Milano

7/4/2021

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di Eleonora Savorelli

NOT ONLY HISTORY, BUT OUR MEMORIES
 è il titolo della collettiva a cura di Carlo Sala che inaugurerà alla galleria Podbielski Contemporary di Milano non appena le norme sanitarie lo consentiranno. Esposte le opere di sette giovani fotografi italiani, le cui pratiche sono accomunate da un’indagine circa la storia contemporanea declinata in un presente personale e unico.Il filtro artistico attraverso cui i fotografi-artisti incedono è quello della commistione tra memoria individuale-familiare e collettiva, rendendo superfluo e impersonale ogni tipo di elemento storiografico o celebrativo. I fotografi sono: Silvia Bigi, Marina Caneve, Federico Clavarino, Francesca Catastini, Massimiliano Gatti, Giulia Parlato e Jacopo Valentini.

Jacopo Valentini (Modena, 1990) presenta la serie Vis Montium (2018-in corso): essa indaga la Pietra di Bismantova un viaggio nell’Appenino Tosco-Emiliano. Il carattere identitario del territorio è altamente presente e viene riconnesso da Valentini a simboli antichi. La rupe soggetto di alcune delle fotografie è legata all’epoca etrusca – durante cui la tradizione la vedeva come un’arca sacrificale – e alla Divina Commedia – Dante ambienta qui il quarto canto del Purgatorio.

Il progetto Are they Rocks or Clouds? (2015-2019) è di Marina Caneve (Belluno, 1988). Qui, Caneve analizza un altro territorio, quello delle Dolomiti, profondamente segnato dalla grande alluvione del 1966. Ragionando sulla crisi climatica di cui l’intero pianeta è testimone, la fotografa mostra ritratti e scorci di paesi che recano “cicatrici”, stimolando una riflessione circa la ciclicità delle catastrofi e la relazione dell’uomo con la natura.

Massimiliano Gatti (Voghera, 1981) propone la serie Le nuvole, risalente al 2019. Ambientata a Palmira, Le nuvole accosta alle fotografie dei siti archeologici, scattate durante diversi soggiorni in Siria, dei fermo immagine dei video propagandisti dell’ISIS. Le nuvole si rivelano essere colonne di fumo, risultato dei moti distruttivi che si prefiggono di distruggere ogni traccia del patrimonio storico legato alla zona.

Sempre legata al Medio Oriente è la serie Hereafter (2014-2019) di Federico Clavarino (Torino, 1984), esposta in collaborazione con galleria Viasaterna di Milano. Il punto di partenza del lavoro è la casa dei nonni materni in Inghilterra. Qui, Clavarino trova oggetti legati alle terre dell’Oman, della Giordania e del Sudan, dove i due hanno vissuto. Tale vicenda familiare è la spinta per studiare le sorti dell’Impero britannico e le tracce del passato colonia.

La famiglia è una presenza costante anche nel progetto From dust you came (and to dust you shall return) del 2019 di Silvia Bigi (Ravenna, 1985) – qui l’intervista su ArtsLife. Lavorando sul suo archivio, l’artista visiva ha “grattato” le immagini per ricavarne dei pigmenti che idealmente serviranno a creare nuove opere. All’interno della collettiva, Bigi è presente anche con Il sangue e il latte (2017), in cui i due elementi si fondono alla ricerca di una conciliazione tra dimensione femminile e maschile.

Le questioni di genere sono presenti anche in Petrus (2016-2019), serie di Francesca Catastini (Lucca, 1982). Realizza gli scatti nell’abitazione di una persona cara, dove si ritrovano i segni della concezione occidentale della mascolinità, fornendo una serie di archetipi che ormai abitano la nostra quotidianità.
La serie Diachronicles (2019-2020) di Giulia Parlato (Palermo, 1993) è un lavoro fotografico sospeso tra realtà e finzione. Diorami, teche museali, ipotetiche stratigrafie archeologiche presentano ipotetiche narrazioni che rendono chiara la potenza generativa di musei e archivi, che possono modellare la realtà e i saperi.
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Podbielski Contemporary 
Via Vincenzo Monti, 12, 20123 Milano MI
[email protected]

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NOT ONLY HISTORY, BUT OUR MEMORIES | podbielski contemporary, milano

29/3/2021

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PODBIELSKI CONTEMPORARY PRESENTA “NOT ONLY HISTORY, BUT OUR MEMORIES”
A CURA DI CARLO SALA
DAL 24 MARZO AL 29 MAGGIO 2021.

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Opening | 24 marzo h 14.30 - 20.30
Milano, 24 marzo 2021 
Podbielski Contemporary di Milano inaugura la sua stagione espositiva con la mostra Not only history, but our memories, a cura di Carlo Sala.

Il progetto presenta il lavoro di sette tra i più interessanti fotografi italiani della scena emergente: Silvia Bigi, Marina Caneve, Federico Clavarino, Francesca Catastini, Massimiliano Gatti, Giulia Parlato e Jacopo Valentini.
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Gli artisti propongono una serie di lavori che vogliono affrontare alcuni nodi della storia contemporanea in chiave dialogica con il presente, attraverso il filtro delle proprie vicende personali o familiari fondendo memoria personale e collettiva. Nelle opere esposte non vi è alcun elemento celebrativo o strettamente storiografico, perché gli avvenimenti evocati vogliono essere la chiave per decifrare alcune istanze del momento presente.
La serie Vis Montium (2018-on going) di Jacopo Valentini (Modena, 1990) si pone in stretta relazione con il paesaggio, indagando la Pietra di Bismantonva nel territorio dell’Appennino Tosco-Emiliano. Questa rupe, pur ritratta dall’autore in chiave documentaria, riesce a esprimere l’identità del territorio riconnettendolo a valori simbolici lontani, dell’epoca etrusca quando secondo la tradizione era un’arca sacrificale, o immaginifici perché Dante nella Divina Commedia vi ambienta il quarto canto del Purgatorio. Marina Caneve (Belluno, 1988) con il progetto fotografico Are they Rocks or Clouds? (2015 – 2019) analizza il territorio della Dolomiti – che fu profondamente segnato dal disastro idrogeologico del 1966 - per ragionare sulla crisi climatica che sta minando il pianeta. Negli scatti compaiono i ritratti di abitanti del luogo, scorci di piccoli centri abitati e strade che recano delle ‘cicatrici’ che divengono una riflessione sulla ciclicità delle catastrofi e sul nostro rapporto con la natura. La serie Le nuvole (2019), di Massimiliano Gatti (Voghera, 1981) crea una connessione tra memoria storica a presente attraverso l’indagine del patrimonio di Palmira. L’autore mette in relazione una serie di fotografie realizzate nei siti archeologici della città con delle immagini che, dietro l’apparente forma lieve e accattivante delle nuvole, rivelano delle colonne fumo che si innalzano dopo la distruzione di quel patrimonio storico da parte dell’ISIS. Si genera così un cortocircuito visivo tra l’immaginario della propaganda terroristica e la secolare bellezza di quei luoghi feriti. Sempre legata al Medio Oriente è la serie Hereafter (2014-2019) di Federico Clavarino (Torino, 1984), esposta in collaborazione con galleria Viasaterna di Milano. Il lavoro è scaturito dagli oggetti che il fotografo ha trovato nella casa dei suoi nonni materni in Inghilterra che lo hanno condotto a indagare i territori di Oman, Giordania e Sudan dove la coppia ha vissuto. Questa vicenda familiare diviene una lente privilegiata per osservare il disfacimento dell’Impero britannico e le tracce della storia coloniale che tutt’oggi permangono. Le vicende familiari sono il punto di partenza anche nella serie From dust you came (and to dust you shall return) (2019) di Silvia Bigi (Ravenna, 1985) che, lavorando su alcuni album di fotografie domestiche, ha trasformato la memoria privata in collettiva. L’artista ha infatti intaccato materialmente le fotografie vernacolari per trarne un pigmento con cui produrre idealmente delle nuove forme di rappresentazione. Sempre della Bigi è l’opera Il sangue e il latte (2017), composta da una serie di immagini fortemente simboliche dove i due elementi richiamanti nel titolo si fondono per cercare una conciliazione tra la dimensione femminile e quella maschile. La questioni di genere sono presenti anche nella serie Petrus (2016-2019) di Francesca Catastini (Lucca, 1982) che, attraverso gli scatti realizzanti nell’appartamento di una persona a lei cara, ha reso manifesti i segni di una concezione occidentale della mascolinità; in quei ninnoli, sculture e vecchie immagini appaiono una serie di archetipi che popolano la nostra quotidianità modellandone il puto di vista. A chiudere idealmente la mostra è la serie Diachronicles (2019-2020) di Giulia Parlato (Palermo, 1993), un lavoro fotografico sospeso tra realtà e finzione. Negli scatti compaiono diorami, teche museali, ipotetiche stratigrafie archeologiche che sono delle visioni arbitrarie che tentano di colmarne i vuoti della storia attraverso una serie di ipotetiche narrazioni che rendono palese la potenza generativa sul reale che posseggono i musei e gli archivi depositari del sapere.

Riepilogo dei fotografi in mostra:
Silvia Bigi | Marina Caneve | Federico Clavarino | Francesca Catastini | Massimiliano Gatti | Giulia Parlato | Jacopo Valentini

Le visite sono regolate dall’attuale normativa Covid: ai visitatori sarà richiesto l’utilizzo della mascherina e il controllo della tempera corporea e il rispetto delle norme per il distanziamento all’interno della galleria.

PODBIELSKI CONTEMPORARY
Via Vincenzo Monti 12 | 20123 Milano
Opening Hours: Tues–Fri, 2.30–7 pm Saturday by appointment only
Tel: +39 338 238 1720
[email protected]
www.podbielskicontemporary.com



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APRE LA MOSTRA DEL PREMIO FRANCESCO FABBRI PER LE ARTI CONTEMPORANEE

8/2/2021

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PREMIO FRANCESCO FABBRI PER LE ARTI CONTEMPORANEE

8/2/2021

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APRE LA MOSTRA DEL PREMIO FRANCESCO FABBRI PER LE ARTI CONTEMPORANEE

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Dopo la chiusura forzata di mostre d’arte ed eventi museali in ossequio alle misure di contenimento del virus, Fondazione Francesco Fabbri Onlus è lieta di annunciare l'apertura per il 17 febbraio dell’esposizione collettiva dei finalisti al Premio Francesco Fabbri per le Arti Contemporanee. L’iniziativa curata da Carlo Sala e giunta alla nona edizione sarà visitabile nella suggestiva cornice di Villa Brandolini a Pieve di Soligo (TV).

L’attuale emergenza sanitaria impedirà il normale svolgimento della cerimonia di premiazione, che si terrà sabato 13 febbraio alle 17.30 in modalità online e sarà accessibile in diretta sui canali social di Fondazione Fabbri. Lo sforzo di realizzare l'evento - anche in questo momento così difficile - vuole essere un chiaro segnale di resistenza culturale e di vicinanza al settore delle arti tanto duramente colpito, nella convinzione che la cultura sia parte delle azioni di welfare per il cittadino.

L’esposizione coinvolge 60 finalisti internazionali, divisi tra le due sezioni di Arte Emergente e Fotografia Contemporanea, selezionati da una giuria di prestigio che ha esaminato - edizione record - ben 1190 candidature. Durante la cerimonia di premiazione online saranno proclamati i vincitori assoluti delle due sezioni, che riceveranno un premio acquisto di 5.000 euro l’uno e vedranno le loro opere entrare nella collezione di Fondazione Fabbri; saranno annunciate inoltre le menzioni speciali che le giurie hanno voluto attribuire ad alcuni lavori particolarmente significativi.

Fondazione persegue così il suo impegno nella valorizzazione dei linguaggi contemporanei, creando una mappatura degli autori che si distinguono per una ricerca aderente alle istanze del presente e compiendo, attraverso il Premio Francesco Fabbri, un'opera di scouting delle varie tendenze che compongono il mosaico dell’arte visiva attuale evidenziandone i caratteri maggiormente innovativi.

Tra le numerose opere candidate, sono risultate finaliste della sezione Arte Emergente – dedicata agli under 35 – quelle di: Sveva Angeletti, Marco Antelmi, Luca Bosani, Gianluca Brando, Lucia Bricco, Mara Callegaro, Letizia Calori, Federico Cantale, Alessia Cargnelli, Matteo Costanzo, Nicolò Degiorgis, Antonio Della Guardia, Binta Diaw, Lorenzo Ermini, Valentina Furian, Nicola Lorini, Luca Marcelli, Martina Melilli, Stefan Milosavljevic, Claudia Mirambell Adroher, Caterina Morigi, Francis Offman, Dario Picariello, Giulio Saverio Rossi, Giuliana Rosso, Letizia Scarpello, Davide Sgambaro, Gabriel Stöckli, Davide Stucchi ed Eva Chiara Trevisan.

I finalisti della sezione Fotografia Contemporanea invece sono: Bruno Baltzer & Leonora Bisagno, Riccardo Banfi, Mariella Bettineschi, Silvia Bigi, Jaspal Birdi, Calori & Maillard, Domenico Camarda, Marina Caneve, Luca Capuano & Camilla Casadei Maldini, Valeria Cherchi, Paolo Ciregia, Federico Clavarino, Mario Cresci, Orecchie d’Asino, Barbara De Vivi, Massimiliano Gatti, Valentina Lapolla, Fabien Marques, Luca Massaro, Valentina Miorandi, Gloria Pasotti, Camillo Pasquarelli, Iacopo Pasqui, Claudia Petraroli, Eleonora Quadri, Alessandro Sambini, Buhlebezwe Siwani, Jacopo Valentini, Rocco Venezia e Martina Zanin.

La composizione delle giurie si è pregiata anche in quest’edizione di autorevoli critici e curatori. Per la sezione “Arte Emergente” ci hanno onorato della loro presenza Lorenzo Balbi, Lucrezia Calabrò Visconti, Angel Moya Garcia e Stefano Raimondi; per la sezione “Fotografia Contemporanea” ringraziamo Daniele De Luigi, Francesca Lazzarini, Giangavino Pazzola e Mauro Zanchi. Entrambe le giurie hanno goduto della partecipazione e supervisione del curatore del Premio Carlo Sala.

Premio Francesco Fabbri per le Arti Contemporanee
a cura di Carlo Sala

Villa Brandolini, Solighetto di Pieve di Soligo (Treviso), Piazza Libertà n°7
Cerimonia di premiazione online 13 febbraio ore 17.30
17
– 26 febbraio 2021

Il Premio è promosso dalla Fondazione Francesco Fabbri in collaborazione con il Comune di Pieve di Soligo, con il patrocinio di Regione Veneto e Provincia di Treviso, e di Landscape Stories e TRA.

Orari di apertura: mercoledi – giovedi – venerdi, 16.00 – 19.30 Ingresso libero.
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Per Info: www.fondazionefrancescofabbri.it; segreteria@fondazionefrancescofabbri 


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espoarte | “ORE SOSPESE”: CRONACA INTIMA DI UN’ITALIA SENTIMENTALE

4/12/2020

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MILANO | PODBIELSKI CONTEMPORARY | 15 OTTOBRE – DICEMBRE 2020

Foto
di PIETRO BAZZOLI

Osservando i muri di marmo e i viali polverosi ritratti nelle fotografie sulle pareti della galleria Podbielski Contemporary di Milano non si può far a meno di avvertire una nota intima e stranianti insieme: sono visioni, scorci rubati di un Bel Paese difficile da riconoscere.
Forse si tratta di istantanee più propriamente riconducibili al ricordo del singolo, piuttosto che alla nazional popolare iconoclastia di un paese da cartolina. È, dunque, tale punto di osservazione particolareggiato che rende in modo assai più peculiare e interessante una realtà dai contorni intangibili, sfumati; luoghi dove, sebbene la singolarità prevalga sulla massa, si assiste a un’affermazione così forte della poetica da renderne universale il valore. Senza stupirsi se quello ritratto sia un luogo che si dovrebbe o potrebbe conoscere: è un’altra Italia, vissuta esclusivamente attraverso la lente della macchina fotografica. Un paese che si fa vettore di storia e di memoria, una sorta di contraltare rispetto ai non-luoghi definiti dall’antropologo francese Marc Augé, per cui “la vista delle rovine ci fa intuire l’esistenza di un tempo che non è quello di cui parlano i manuali di storia o che i restauri cercano di resuscitare. È un tempo puro, non databile, assente dal nostro mondo d’immagini, di simulacri e di ricostruzioni”.
Un’Italia, dunque, non canonica bensì ampiamente filtrata dallo sguardo interiore dei diversi fotografi, in un misto di prospettive che sfondano la dimensione metafisica surclassando l’elemento tangibile dell’oggetto.
Non è difficile immaginare il parallelismo esistente tra questi luoghi romantici sentimentali e la pandemia in atto, come se la fotografia fosse momento di rifugio per allontanarsi dalle sofferenze del presente, lasciandosi cullare da una atemporalità lontana persino dalle nozioni della fisica. Ne consegue un concentrarsi sulla materia del ricordo tale da ridurre lo spazio in favore di un tempo che appare tanto più infinito quanto, oggi, si avverte nel suo scorrere. D’altronde, come osserva il filosofo Roberto Diodato, “noi siamo fatti di tempo, siamo forme di tempo spezzato, pezzi di divenire, eventi, e il mio io non è altro che ricordo e memoria, imprecisa e intermittente”.
Un eccesso di sentimentalismo, forse, se analizzato dal clinico cinismo a cui la cronaca odierna ha abituato lo spettatore italiano, ma come biasimare l’animo fragile dell’essere umano che colto nell’ora d’annata del travaglio 
– emotivo, fisico, affettivo, contestuale e futuribile – cerca in un paesaggio muto qualcosa che possa lenirne le sofferenze? Sono ore sospese dove tutto è possibile, persino un’insperata Salvezza.
A riprova di ciò, tra i tanti artisti presenti in mostra, il cuore al neon di Fabrizio Ceccardi (1960), vissuto con forza nel contrasto tra luce e oscurità, un’alternanza che pare simile al muscolo cardiaco; così come l’intensa poesia Luigi Ghirri (1943-1992), che nelle sue fotografie ritrae un presente divenuto troppo velocemente un malinconico passato. Allo stesso modo fanno le fotografie di Augusto Cantamessa (1927-2018), che narrano un universo di vita intriso di atmosfere piemontesi, uno spaccato sociale e culturale dal forte valore umano. Come racconta Bruna Genovesio, “le sue immagini sono un caleidoscopio di stati d’animo e atmosfere rappresentative di un mondo che mutando continuamente, rimane intatto nelle sue peculiarità umane e naturali”. Atmosfere a che si susseguono negli scatti di Ilaria Abbiento (1975): stregata dal mito del viaggio, coglie l’occasione di scoprire parti di sé attraverso gli scorci di una Sardegna inedita, al punto da abbandonare presto la sfera del reportage per giungere a una ricerca interiore.
Luca Campigotto (1962) propone una veduta di Venezia secondo la prospettiva capovolta di Palazzo Grimani: La Tribuna, viene ripresa secondo il gioco prospettico del “sotto in su”, sulla scia dei pittori illusionistici attivi tra il tardo cinquecento e l’inizio del seicento. La scultura riprende un giovane Ganimede, appeso al centro della sala nell’istante in cui viene rapito da un’aquila mandata da Zeus o, secondo quanto tramandato da Ovidio, impersonata dallo stesso Dio.
La sottile dicotomia che si crea tra i tempi e gli spazi sospesi dell’abitare metropolitano è al centro dell’opera di Marco Dapino (1981), che ispirandosi ai versi delle poesie dello scapigliato Delio Tessa, accompagna lo sguardo del visitatore a immergersi nella scoperta di Milano. Le foto in mostra colgono il tetraedro luminoso ospitato all’ingresso della Stazione Centrale, luogo simbolo della realtà meneghina densa di vite e appuntamenti col destino, svelandone il lato più misterioso, magico e occulto, e mettendo a fuoco l’interazione esistente fra l’uomo e lo spazio circostante. Massimiliano Gatti (1981) propone la serie Anche tu sei collina, ispirata dalla raccolta di nove poesie che Cesare Pavese pubblicò per la prima volta nella rivista Le tre Veneziane, nel 1947. Il “pal di castegn” sorregge le viti, instancabilmente immerso nella terra, arsa d’estate e fradicia d’inverno. Thomas Jorion (1976) propone una serie di scatti tratti da Veduta, progetto fotografico realizzato tra il 2009 e il 2019, in occasione di un Grand Tour lungo la penisola italiana. Un percorso che affonda le proprie radici nei secoli scorsi e che, proprio da essi, pare recuperare una vena decadente, racchiusa nei luoghi abbandonati colmi di magia che ha incontrato.
In mostra, spazio anche al giovanissimo Jacopo Valentini (1990), che raggiunge il suo culmine nella serie di Volcano’s Ubiquity, suo primo lavoro che verte su un neologismo: la vulcanicità. Il progetto fotografico, raccoglie una serie di riflessioni attorno all’immagine del vulcano Vesuvio, elemento distintivo della città di Napoli. L’obbiettivo centrale della sua ricerca consiste nel decontestualizzare determinati elementi di un luogo, strappandoli e reinserendoli in uno spazio distante dall’habitat naturale, come nel caso del biscotto di San Gennaro esposto in mostra.

Ore Sospese. Un Diario Italiano
a cura di Pierre André Podbielski e Maud Greppi

Artisti: Luigi Ghirri, Augusto Cantamessa, Ilaria Abbiento, Luca Campigotto, Bruno Cattani, Fabrizio Ceccardi, Roberto Cotroneo, Marco Dapino, Massimiliano Gatti, Thomas Jorion, Ugo Ricciardi, Marco Rigamonti, Massimo Siragusa, Jacopo Valentini, Francesco Zizola

15 ottobre – dicembre 2020

Podbielski Contemporary
Via Vincenzo Monti 12, Milano

Orari: da martedì a venerdì 14.30-19.00; sabato su appuntamento
Ingresso libero
​

ATTENZIONE: Le visite sono regolate dall’attuale normativa Covid-19
​
Info:+39 338 238 1720
[email protected]
www.podbielskicontemporary.com


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Ore sospese. Un diario italiano | available in artland

11/11/2020

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PREMIO FRANCESCO FABBRI PER LE ARTI CONTEMPORANEE

2/11/2020

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