Ho conosciuto Massimiliano Gatti in occasione della mostra Rinascere da me curata insieme ad Andrea Dall’Asta SJ al Museo del Territorio Biellese nel 2013. Ho subito iniziato ad ammirare la sua riflessione personale su temi sociali molto forti del nostro contemporaneo e ho apprezzato la sua capacità di esplorare in prima persona il confronto con culture lontane dall’Europa ma ricche di storia e arte: il tutto approda in una capacità di fotografare il mondo incrociando la storia, i reperti antichi, le rovine del passato con il nostro quotidiano in una lettura critica appassionata e molto poetica.
Da quanto tempo fai l’artista e quali differenze noti fra i tuoi esordi e oggi?
Ho iniziato a “osservare” il mondo molto presto, ma ho capito solo recentemente come la mia osservazione potesse diventare una forma di rielaborazione personale: per questo, ho deciso di affinare le mie tecniche, studiando fotografia al CFP Bauer di Milano. Rispetto agli inizi, è aumentata una certa consapevolezza nell’utilizzo dei linguaggi e delle tecniche fotografiche. Ora quando elaboro un’idea per un nuovo progetto, mi prefiguro tutta la struttura sintattica, logica ed estetica molto più velocemente, come se avessi imparato una nuova lingua che più si pratica, più diventa qualcosa d’inconsapevole e naturale.
Quali tematiche affrontano i tuoi lavori e che progetti hai in programma?
Se dovessi rintracciare un topos in tutti i miei progetti artistici, questo sarebbe legato alla memoria, alla storia, al tempo. Sono decisamente un laudator temporis acti, mi affascina la storia e la traccia che s’intravede nelle pieghe del presente. Ora, sto lavorando a diversi progetti: ho in cantiere, per l’autunno, una grande mostra che andrà alla Columbia University a New York e all’Istituto Italiano di Cultura a Chicago, curata da Renato Miracco. Ho anche iniziato a collaborare con una casa editrice, La Grande Illusion, per la quale sto realizzando un paio di libri che usciranno l’anno prossimo.
Come ti rapporti con la città in cui vivi?
Io sono originario dell’Oltrepo Pavese e vivo a Pavia, per gran parte del mio tempo. Pavia è la città dove ho affondato le mie radici e dove sono cresciuto, sono circondato da tanti amici con cui ho trascorso il mio tempo e con cui ho condiviso molti momenti. Pavia è una città che mi assomiglia, è antica e silenziosa, meditativa e vivace.
Cosa pensi del sistema dell’arte contemporanea?
Da un paio d’anni sto lavorando assiduamente negli Stati Uniti, dove, devo dire, per mia esperienza, c’è una consapevolezza dell’arte contemporanea maggiore che in Italia. Il mio è un lavoro che ha riflessi politici e sociali e che trovo sia stato molto ben valorizzato negli USA: c’è sempre stato quel rispetto che, a volte, è mancato qui in Italia. Nel nostro paese, i giovani vivono ancora sulle spalle dei giganti.
Che domanda vorresti ti facessi?
Cosa faresti se non facessi il fotografo? Il meccanico di auto storiche.
Intervista a cura di Irene Finiguerra per FormeUniche
Irene Finiguerra
Dopo la laurea magistrale in Arti visive presso l’Alma Mater Studiorum di Bologna, fonda l’associazione culturale BI-BOx Art Space a Biella, dove realizza mostre e progetti per la valorizzazione della giovane arte contemporanea.
E’ anche curatrice indipendente.
http://www.bi-boxartspace.com
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