lettere dalla fronte
La Prima Guerra Mondiale è stato un evento che, sicuramente, ha condizionato il corso del secolo passato. Non mi interessa un’analisi storica o storiografica dei fatti, il mio interesse si focalizza, invece, sull’esperienza personale dei soldati in guerra e sulla lettera, in sé, come mezzo di comunicazione. La Prima Guerra Mondiale è stata una guerra di posizione, prevalentemente, una cosiddetta guerra di logoramento. I soldati alla fronte, come veniva chiamato il fronte prima che i fascisti ne cambiassero il genere, restano in attesa, difendendo la posizione, rimanendo all’interno delle trincee e scrivono. Scrivono i soldati ai familiari, alle mogli, alle fidanzate e agli amici e raccontano le loro sensazioni, quello che stanno vivendo e provando. In tante corrispondenze che ho raccolto sia negli Archivi della Biblioteca Bonetta che al Seminario di Pavia, le prime lettere, temporalmente, sono intrise degli ideali nazionalistici e della retorica che, in quel tempo, spingevano i giovani a imbracciare le armi e partire per il fronte. Tanti partono addirittura come volontari, accesi da quegli ideali di difesa della patria, lasciando tutto, famiglia, casa e lavoro. Però, man mano che il tempo passa, poco alla volta, gli ideali sbiadiscono e prendono corpo gli spettri e gli orrori della guerra, la fatica, gli sforzi, le difficoltà della vita quotidiana e la paura cominciano ad affollare le righe di queste lettere. I rumori, gli odori, il freddo e la sensazione costante di essere sul limite sottile fra la vita e la morte, sono tutte tinte che tratteggiano l’esperienza umana e personale della guerra.
Da un punto di vista estetico, ho trattato le lettere con uno scatto multiplo, condensando in un’unica immagine le corrispondenza di ogni singolo soldato. Le lettere, con le loro carte ingiallite, la calligrafia e la retorica del tempo o le cartoline che, da un lato, ti indicano un dove e, dall’altro ti raccontano cosa succede, mi affascinano molto. Sono mezzi di comunicazione ormai desueti, ma conservano un fascino enorme, il fascino della scrittura, della traccia e del segno lasciato sulla carta.
Il primo conflitto mondiale, per me, è un pretesto per raccontare la guerra come esperienza, la condizione umana, che vale ancora oggi, come messaggio assoluto dal tempo e dallo spazio: anche se sono passati più di cento anni, perché la violenza di una guerra , qualsiasi essa sia e qualsiasi siano i motivi scatenanti, è sempre e comunque un’esperienza aberrante.
Da un punto di vista estetico, ho trattato le lettere con uno scatto multiplo, condensando in un’unica immagine le corrispondenza di ogni singolo soldato. Le lettere, con le loro carte ingiallite, la calligrafia e la retorica del tempo o le cartoline che, da un lato, ti indicano un dove e, dall’altro ti raccontano cosa succede, mi affascinano molto. Sono mezzi di comunicazione ormai desueti, ma conservano un fascino enorme, il fascino della scrittura, della traccia e del segno lasciato sulla carta.
Il primo conflitto mondiale, per me, è un pretesto per raccontare la guerra come esperienza, la condizione umana, che vale ancora oggi, come messaggio assoluto dal tempo e dallo spazio: anche se sono passati più di cento anni, perché la violenza di una guerra , qualsiasi essa sia e qualsiasi siano i motivi scatenanti, è sempre e comunque un’esperienza aberrante.
Lettere dalla fronte, fine art giclée inkjet print on Photo Rag cotton paper, 60x70 cm, 2018